For some years, the Wound Care World has made a big leap forward with the introduction of technologically advanced dressings, which have allowed a much shorter healing time.
With them was born the new specialist figure in the industry, called “vulnology“.
What does "hard wounds" means?
Non-healing wounds are defined as all those acute and chronic wounds that can not easily be cured either spontaneously or with the help of the vulgar specialist, Wound Care, an Anglo-Saxon word that indicates everything What one needs to know who wants to heal these wounds.
Can you give us some examples?
The first distinction to be made is between acute and chronic wounds, as we said.
Among acute severe injuries are those related to TRAUMA of various types and those linked to SURGICAL COMPLICATIONS (dehiscence of surgical wounds) or local infections important (eg in the diabetic foot), which are sometimes formed for initial lesions apparently Insignificant, such as a mosquito bite, an accidental ferritine such as cutting nails, which then aggravate progressively if they find a reduction in immune defenses in the patient or a state of metabolic imbalance (eg hyperglycaemia).Hence, wounds that appear acutely mostly determined by external causes, do not cure, indeed they enlarge, become infected, and tend to become chronic.
Chronic ones instead?
Among the chronic difficult wounds are the VENOUSE SKIN ULCERS, caused by varicose and / or post-flebotic vein (representing over 70% of all skin vascular ulcers): ARTERIOUSE SKIN ULCERS (caused by a vascular disease Atherosclerotic or embolic obstructive arterial and therefore ischemic attack).
There are also the VASCULITIC SKIN ULCERS (linked to a mostly chronic microcirculation suffering with periodic acute re-achections and associated with severe pathologies such as rheumatoid arthritis, cryoglobulinemia, scleroderma, lupus erytematosus, etc …); DIABETIC CUTANEOUS ULCERS (caused by micro-circulatory disorders – and / or nerve -neuropathy -).
Does it refer to the so-called "diabetic foot"?
Yes, but not only.
Diabetic lesions can cause severe damage especially to the lower extremities and especially to the feet (DIABETIC FOOT) with ASCESSES AND FLEMMONS OF TISSUE AND TENDENT FABRICS and OSTEONECROSE with repeated microfractures and foot deformation (CHARCOT FOOT).
Are there also "decubitus wounds"?
Among the chronic skin lesions we also include PRESSURE PRESSURE ULCERS (UdP also known as DECUBITE), typical of defected and enthusiastic subjects (very old patients suffering from cancerous diseases or chronic diseases leading to the progressive inability to get up and move) Forced to bedbeds or chronic use of wheelchairs (tetra and paraplegic patients).- In which locations the “pressure injuries” are more frequently formed,
The locations of such lesions vary depending on the “mandatory” and prolonged position of the body. So it will be different if the patient is in supine, lateral, prone or sedentary, as can be seen in the attached schemes.
The constant data is that they are facing ulceration for prolonged ischemia those areas of skin that are compressed and crushed between a patient’s bony projection (sacred, heels etc … etc ..) and a rigid support plan (bed, chair Wheelchairs, pillows …). This makes us understand the reason for the need to change as often as possible the decubitus in different positions for these patients, otherwise it will be difficult for the skin lesions to heal.
But what is the incidence of these difficult wounds? Is it really so important and meaningful?
? I answer the question by giving only a few significant and explanatory statistical data. The average life expectancy of the Italian population has increased significantly in recent decades to improve hygiene and health conditions related to scientific and technological progress in the medical and surgical field and social well-being, and today it is around 77 years Men and 83 years for women. Statistical projections suggest that a man born in 2004 can live on average for up to 100 years. Unfortunately, in parallel with the lengthening of life, the rise of chronic degenerative diseases such as arterial and venous vasculopathies and diabetes mellitus with associated chronic ulcerative complications and severe turmoil of foot trophic on an ischemic and / or neuropathic basis is inevitable (Diabetic foot). So a problem we will see will increase more and more.
Quindi un problema che vedremo aumentare sempre di più. Ma quali età sono più interessate?
Nella tabella sottostante si evidenzia bene come vi sia una brusca impennata di tali malattie a partire dai 60 anni ed ancor di più dopo i 75 anni.
In tutto ciò che ruolo ha il diabete mellito?
La popolazione diabetica in Italia è in forte crescita e, a parte alcune regioni come la Sardegna in cui è endemico il Diabete Giovanile insulino-dipendente, nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con diabete di II tipo non insulino-dipendente. Inoltre l’età di insorgenza del diabete di tipo II, un tempo definito dell’adulto, si abbassa sempre di più in relazione allo stile di vita attuale ed, in particolare, alle abitudini alimentari scorrette dei giovani.
I dati statistici evidenziano anche l’alta incidenza in questi pazienti di ulcere cutanee e purtroppo di amputazioni conseguenti.
Il diabete mellito di II tipo, diciamo quello degli anziani può ostacolare molto anche la guarigione di traumi fratturativi ossei?
Questo tipo di pazienti, specialmente col progredire dell’età va facilmente incontro anche a fratture maggiori degli arti inferiori anche per il sovrapporsi di osteoporosi e quindi a lunghi periodi di allettamento ed ospedalizzazione con rischio elevato di sviluppare ulcere da pressione.
In definitiva come dobbiamo leggere questi dati statistici ?
Viste le proiezioni statistiche di progressivo aumento dell’età media della popolazione e delle patologie croniche degenerative inesorabilmente legate all’invecchiamento, lo scenario futuro che la Sanità Italiana si troverà ad affrontare non è dei più incoraggianti. Si prevede infatti che entro 30 anni il 25% della popolazione avrà più di 65 anni e che nei prossimi 15-20 anni si raddoppierà il numero dei pazienti diabetici.
Quindi tutta la classe medica non può permettersi di farsi trovare impreparata. Tutti devono sapere come muoversi, cosa possono fare e cosa non devono assolutamente fare, a chi si possono rivolgere quando non si risolvono i problemi. Ricordate l’attore che impersonava il mitico SUPERMEN? Giovane, muscoloso e pieno di salute? Bé forse non tutti sanno che è morto per complicanze infettive di lesioni da pressione, dopo che caduto da cavallo era diventato tetraplegico. Questo per dire che queste lesioni cutanee non vanno assolutamente sottovalutate.
Altro da aggiungere?
Si, certamente. Oltre alle problematiche poste dai pazienti suddetti da sempre seguiti dal Chirurgo Vascolare, dal Chirurgo plastico, dal Diabetologo, dagli Infermieri specialisti e recentemente anche dai Podologi esperti in Wound Care, vanno considerate anche le problematiche poste dai pazienti ospedalizzati per vari altri motivi, che possono presentare deiscenze di ferite chirurgiche più o meno gravi e/o lesioni da pressione, specialmente se costretti per lunghi periodi a letto e se impossibilitati a muoversi, come i pazienti para e tetraplegici o deiscenze di ferite chirurgiche, infezioni in prossimità di applicazioni di mezzi di sintesi metallici, come placche e/o viti e fissatori esterni, applicati dagli Ortopedici per fratture ossee complesse. Tutto ciò comporta il rischio di allungare di molto i tempi di ospedalizzazione e quindi i relativi costi di gestione.
In molti casi, specialmente quelli più gravi, è fondamentale l’opera del Chirurgo Plastico ,che con interventi ad hoc (innesti cutanei, lembi vascolarizzati di vario spessore etc …) può risolvere in tempi brevi il problema di colmare la perdita di sostanza provocata dalle ferite, come nel caso dei pazienti para e tetraplegici, che necessitano di una risoluzione rapida del problema per iniziare prima possibile la fisiochinesiterapia riabilitativa.
Ma non sempre questi interventi sono possibili anche per le condizioni cliniche dei pazienti, che possono controindicarli; e non sempre vanno a buon fine completamente o parzialmente con recidiva delle lesioni e necessità di una nuova ulteriore correzione.
In questi casi cosa si può fare?
Questi pazienti per guarire necessitano di medicazioni tecnologicamente avanzate diverse nelle varie fasi evolutive delle lesioni (varie tipologie di medicazioni avanzate, VAC Therapy, cellule staminali, Fattori di crescita e Bioingegneria tessutale) , che devono essere applicate da personale esperto in Wound Care. Le medicazioni così fatte consentono nella maggior parte dei casi di ridurre i tempi di ricovero in Ospedale ed i pazienti dopo la dimissione possono essere seguiti ambulatoriamente e/o a domicilio, previa attivazione di C.A.D. medico-infermieristici.
Ma nella nostra città e regione siamo in grado di assistere tali pazienti in ambulatori e/o a domicilio?
Allo stato attuale delle cose vedo molte difficoltà in tal senso sia nell’assistenza in ospedale ,quando necessaria ( chi lo decide? Quali sono i percorsi diagnostico-terapeutici da seguire?), sia forse soprattutto sul territorio.( esiste personale qualificato, che conosce ed attua protocolli condivisi e certificati e soprattutto tale personale ha a disposizione i mezzi terapeutici giusti per farlo correttamente?). Sinceramente ne dubito.
Cosa si è fatto finora per risolvere tale problema?
Molto poco, anche perché finora mi sembra, che tranne che in poche eccezioni, siano anche mancate le idee o comunque il coraggio e la voglia di metterle in atto quando c’erano. Sicuramente in un momento di spending review e di tagli alla sanità è anche più difficile fare e realizzare programmi seri.
Fra gli esperti del settore c’è stata inizialmente la convinzione che per contenere e possibilmente ridurre la spesa sanitaria relativa fosse opportuna una razionalizzazione dei costi e che questa fosse difficile per una serie di problematiche:
- le lesioni acute e croniche cutanee vengono trattate da figure professionali diverse, ambulatori diversi e non dedicati,
- mancanza di comunicazione ed integrazione tra strutture esistenti in ospedale e sul territorio,
- mancata conoscenza di protocolli validati,
- mancata applicazione di linee guida, con conseguente disorientamento dei pazienti, ripetitività dei trattamenti, inefficacia terapeutica,allungamento delle liste d’attesa negli ospedali dove eseguire trattamenti che i DRG esistenti spesso fanno considerare impropri ed aumento dei costi.
Come si può uscire da questa situazione?
Fino a ieri pensavamo che l’unica soluzione fosse creare “ambulatori vulnologici specifici” in ospedale. Alla luce dell’esperienza vissuta da noi stessi e da quanti altri si sono interessati del problema, ci siamo resi conto che creare delle “cattedrali nel deserto” è pressoché inutile e che la vera soluzione sta nel creare dei “percorsi diagnostico-terapeutici integrati ospedalieri e ospedale-territorio” per la gestione di queste patologie, in cui siano impegnati come anelli di un’unica rete medico di medicina generale, specialisti ambulatoriali di discipline pertinenti (angiologi, chirurghi generali , vascolari e plastici, dermatologi e diabetologi), ambulatori infermieristici e strutture ospedaliere competenti. I pazienti dovrebbero essere a conoscenza dell’esistenza di tali percorsi e dovrebbero entrarvi dalla porta principale: il medico di medicina generale, detto anche medico di famiglia. Egli rappresenta infatti il sanitario che, conoscendo l’anamnesi patologica remota dei propri pazienti, può meglio valutare quella prossima e decidere se è necessario un approfondimento diagnostico (in questo caso lo indirizzerà agli specialisti ambulatoriali o ospedalieri oppure in caso di una lesione cutanea semplice, datante meno di 6 settimane può trattare personalmente il paziente o inviarlo ad un ambulatorio infermieristico competente. Di fronte ad una lesione più complessa o datante più di 6 settimane o in caso di insuccesso terapeutico il paziente andrebbe invece indirizzato direttamente all’ambulatorio infermieristico, dove esistono degli “specialists” in grado di eseguire rapidamente un triage. Ne conseguirà la decisione se trattare il paziente, magari ricorrendo periodicamente a “teleconsulti” con specialisti del territorio o dell’ospedale di riferimento oppure inviare il paziente in ospedale, pronti a riassumerlo in carico alla dimissione.
Quindi lo snodo principale di tale rete non sarà più l’ospedale?
No. Per la situazione attuale degli ospedali a Roma e nel Lazio è assolutamente assurdo continuarlo a pensare. E’ evidente che il passaggio alla struttura ospedaliera avverrebbe solo in particolari casi quali:
1. gravi ulcere diabetiche, ischemiche ed infette
2. ulcere complesse ad etiologia mista artero-venosa o particolarmente estese.
3. necessità di un trattamento chirurgico complesso con debridement estesi,
4. necessità di biopsie ed innesti cutanei o di derma rigenerativo, lembi di scorrimento etc. in pazienti allettati poco o per niente mobili in modo autonomo (es. para e tetraplegici9
5. necessità di esami contrastografici per procedure endovascolari (angioplastiche con applicazione di stent intrarteriosi).
6. necessità di interventi chirurgici vascolari (by-pass, angioplastiche, safenectomie e/o flebectomie).
7.necessità di trattamenti emoreologici ospedalieri (infusione endovenosa di prostanoidi).
8. necessità di terapia del dolore con impianto di dispositivi antalgici ( cateterini per analgesia nervi periferici o peridurali) o denervazione sensitiva con radiofrequenza mirata.
9. applicazione di neurostimolatori peridurali (pace-maker SCS) temporanei o definitivi per controllo del dolore e miglioramento del circolo.
10. necessità di trattamenti in camera iperbarica in caso di infezioni gravi da anaerobi.
Il passaggio in Ospedale dovrebbe avvenire in regime ambulatoriale, A.P.A. o DH e solo in casi estremi in ricovero ordinario, che comunque dovrebbe essere il più rapido possibile.
Quindi fatte salve queste situazioni particolari, per gli altri pazienti cosa si pensa di fare?
Tutti gli altri pazienti, una volta valutati, verranno seguiti in ambulatorio o in telemedicina a domicilio, rendendoli autonomi il più rapidamente possibile, in modo di autogestirsi. Di base si dovrebbe attivare una rete integrata ospedale-territorio-domicilio, in cui dovrebbero interagire le varie figure professionali che sono già in campo ( medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri e podologi esperti in Wound Care, medici e chirurghi specialisti nei vari settori di competenza delle patologie interessate) e si potrebbe pensare alla discesa in campo di forze nuove utili ( come i farmacisti esperti in tale settore), cui demandare altri compiti come la gestione degli appuntamenti con i professionisti prima menzionati, la preparazione di prodotti galenici ad hoc, la sensibilizzazione e l’educazione sanitaria di pazienti e care-givers.
Quali potrebbero essere le tappe necessarie alla realizzazione di questo progetto?
Sicuramente la prima cosa da fare è cercare di far parlare a tutti la stessa lingua, che quindi tutti dovrebbero imparare attraverso un periodo di formazione-informazione destinato a tutte le figure professionali coinvolte nel progetto.
I primi suggerimenti per avviare la rete integrata di assistenza?
1) IMPLEMENTARE e MIGLIORARE L’ATTIVITÀ DI WOUND CARE OSPEDALIERA ATTRAVERSO LA FORMAZIONE DEL PERSONALE MEDICO ed INFERMIERISTICO in grado di seguire i pazienti nei vari reparti e/o presso ambulatori medici ed infermieristici.
2) FAR CONOSCERE LE LINEE GUIDA PER NON VANIFICARE I RISULTATI OTTENUTI. Potrebbe essere compito di società scientifiche dedicate come l’AIUC (Associazione Italiana Ulcere Cutanee) far conoscere le linee guida del trattamento di queste lesioni attraverso la diffusione di semplici ed agili opuscoli informativi e dare periodiche informazioni sulle ultime recenti novità di trattamento attraverso news letters elettroniche ed eventuali incontri scientifici programmati.
3) DARE AI MEDICI DI FAMIGLIA PUNTI DI RIFERIMENTO IN OSPEDALE e SUL TERRITORIO. Sempre compito di società scientifiche dedicate come l’AIUC (Associazione Italiana Ulcere Cutanee) potrebbe essere quello di fornire ai Medici di Medicina Generale indirizzi e riferimenti dicentri ambulatoriali vulnologici ospedalieri e territoriali qualificati già esistenti a Roma e nel Lazio, ai quali indirizzare i pazienti per un inquadramento diagnostico-terapeutico, l’impostazione di medicazioni corrette, l’educazione dei care-givers per autonomizzare in tempi brevi i pazienti, ed il controllo periodico programmato a distanza (via telematica) e dal vivo (controlli ambulatoriali).
Ma la creazione di questa rete non comporterebbe altre spese aggiuntive?
No e comunque in prospettiva consentirebbe sgravi di spese ben più importanti, visto che gli Ospedali sarebbero coinvolti sempre di meno. La realizzazione di tale rete integrata ospedaliera ed Ospedale-Territorio-Domicilio non comporterebbe spese aggiuntive oltre quelle già programmate, visto che bisognerebbe solo organizzare meglio le risorse umane ed i mezzi già a disposizione e consentirebbe una gestione ottimale dei pazienti.
Infatti sapere e far sapere il modo corretto di gestione delle lesioni difficili consentirebbe una continuità terapeutica sicuramente più efficace con la riduzione dei tempi di guarigione ed il conseguente risparmio
LA PRIMA IMPORTANTISSIMA PIETRA MILIARE DI QUESTO PROGETTO DI ASSISTENZA INTEGRATA OSPEDALE-TERRITORIO-DOMICILIO VERRA’ POSTA IL 15 GENNAIO 2016 (ore 17-21.30) PRESSO L’AULA MAGNA DELL’OMCeO DI ROMA e PROVINCIA.
Sono vivamente invitati a partecipare al I Corso interattivo loro dedicato TUTTI I MEDICI DI MEDICINA GENERALE, I PEDIATRI DI LIBERA SCELTA e comunque TUTTI GLI ISCRITTI ALL’ORDINE INTERESSATI.
COMMISSIONE ULCERE CUTANEE OMCeO ROMA e PROVINCIA
IL COORDINATORE
Dott. Maurizio Palombi